Una vita senza padre, uno scandalo giudiziario e una favola del dopoguerra
Produktform: Buch
All’inizio del 1955 l’Unione Sovietica dichiara che lo stato di guerra con la Germania è terminato. Sono passati dieci anni dalla fine della seconda guerra mondiale. Le ferite sono ben lungi dall’essere sanate.
Il 1955 è anche l’anno in cui gli ultimi tedeschi vengono rimessi in libertà dai campi di prigionia sovietici e arrivano al campo di Friedland nei pressi di Göttingen. La guerra è finita, ma continua ad essere presente, non solo nei ricordi. Anche nelle città che non sono ancora state ricostruite. Ha già inizio una nuova competizione per raggiungere la supremazia sul mondo: in Germania ovest si fondano le forze armate, la Repubblica Federale diviene membro della NATO. Nella Repubblica Demo-cratica di Germania appaiono per la prima volta ufficialmente gruppi combattenti armati, un anno più tardi viene fondata l’armata popolare nazionale. Nel 1955 i Paesi dell’est Europa sottoscrivono il contratto di Varsavia e danno origine all’omonimo patto in contrapposizione alla NATO. Nel 1955 Otto John, il primo presidente dell’Ufficio per la tutela della Costituzione della BRD, il quale un anno prima sorpren-dentemente e in circostanze misteriose era entrato nella DDR, ricompare improvvisamente in Germania ovest. Viene condan-nato per alto tradimento a quattro anni di reclusione. La sua scomparsa e riapparizione sono un enigma. Si dice che si sia recato volontariamente nella DDR perché da lì riteneva di poterfare di più per ottenere la riunificazione e contribuire ad evitare una nuova guerra.
Le persone vanno e vengono e a volte sembra che le circostanze del caso non permettano nemmeno a quelli che sono loro più vicini di comprendere il loro comportamento.
È l’inverno del 1955. Ho quindici anni e mi trovo con la mia sorella maggiore Katrin nel nostro appartamento miseramente arredato di Göppingen. Ci annoiamo. Ad un tratto troviamo la chiave della grande valigia. Mia madre custodisce quella chiave come una reliquia e la porta sempre con sé, ma oggi per la fretta deve averla dimenti-cata in casa. La valigia in corda verde intrecciata e rafforzata all’esterno con listelli di legno è stata ereditata dalla nonna Emilie che aveva vissuto per qualche anno negli USA e l’aveva portata con sé da lì. Era giunta in nostro possesso quando i nonni durante la guerra avevano depositato alcune delle cose del loro appartamento nella cantina del nostro appartamento di Lipsia. In occasione della nostra fuga dalla DDR quella valigia era stata uno dei pochi bagagli che avevamo portato con noi.
Poiché nel nostro appartamento a Göppingen abbiamo pochissimi mobili, utilizziamo la grande valigia della nonna come tavolo: ci appoggiamo tazze e piatti in equi-librio precario. Dopotutto abbiamo pochissime stoviglie e suppellettili domestiche.weiterlesen